Durante il tredicesimo episodio del podcast gli speaker si sono confrontanti tra di loro sulla situazione di vitalità del centro storico.
Tra i vari argomenti affrontati sicuramente centrale è stato quello delle fasce anagrafiche che (non) popolano il centro storico: nella generale desolazione del quartiere, che nel corso degli episodi del podcast è stata più volte denunciata, gli speaker non hanno potuto fare a meno di rilevare come sia soprattutto l’assenza delle fasce anagrafiche più giovani a risultare allarmante per un quartiere che sta scivolando in un totale anacronismo.
La discussione sulle cause possibili della disaffezione dei più e meno giovani per il quartiere di Ragusa Superiore ha cercato di valutare un ampio ventaglio di aspetti: il generale impoverimento dell’offerta di esercizi commerciali, danneggiati e fiaccati da poli commerciali più competitivi, la mancanza di una programmazione culturale e sociale costante che guardi al di là dei soli eventi stagionali.
Tutto questo sistema di variabili che senza dubbio agiscono in sinergia nell’aggravare un contesto progressivamente più depresso va tenuto in debito conto ma sorge per gli speaker una domanda molto importante. E se tutto ciò avesse causato un circolo vizioso che guasta anche l’attitudine della comunità?
Ci si chiede in sostanza se il fatto che, a differenza di quanto avviene in altri contesti cittadini, il centro storico sembri essere per i ragusani solo un luogo di passaggio, di transito non sia dovuto in parte a questo sistema di criticità.
Gli speaker sembrano convenire su questo punto e ravvisano nell’attività amministrativa la soluzione alla problematica dello scarso appeal del quartiere: esso, insieme alle sue infrastrutture, non deve essere semplicemente mantenuto in condizioni di decoro, non deve fungere da scenario per cartoline e promozioni turistiche ma deve essere un luogo nel quale ci si voglia fermare, un luogo che si voglia frequentare; ciò può avvenire solo tramite una programmazione culturale e infrastrutturale che permetta alla cittadinanza di vivere il centro storico appieno, di viverlo veramente. Magari coinvolgendo tutta quella porzione di residenti di origine straniera che non può che arricchire con il proprio portato etnico-culturale la vita del quartiere e della città.